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Arti Figurative

Il bello è lo splendore del vero

A cura di Carlo Floris

Carissimo Sebastiano,

quando nel Novembre del 2005, mi invitasti a predisporre alcuni interventi per il Sito di ERBA SACRA, al fine di sviluppare un dialogo sui problemi dell'arte con i visitatori e gli amici interessati al problema, immaginavo la difficoltà di formalizzare una linea interpretativa che potesse destare interesse per il tema e che fosse chiaramente conforme all'orientamento generale del Sito medesimo. Ad un anno esatto possiamo affermare che il riscontro fin'ora ottenuto risulta positivo ed incoraggiante per quanto riguarda un generico apprezzamento verbale, ma pressoché nullo in rete, probabilmente a causa della complessità del problema e per la innata ritrosia di molti a mettere per iscritto la propria opinione.
In quest'ultimo periodo abbiamo però notato un risveglio di interesse piuttosto promettente per cui mi sembra necessario riprendere i nostri colloqui.

Nella mia ultima lettera del Marzo 2006 ho affrontato un tema (“Le radici dell'Arte”) con una certa titubanza perché l'argomento si trova effettivamente, come dicevo allora, al confine ultimo dell’arte e “...abbondantemente sconfina nel territorio vasto e grandioso della contemplazione e della filosofia.
Mi aspettavo, per la verità attacchi al mio “platonismo”, all'astrattezza delle mie considerazioni, e allo spiritualismo che pervade il mio modo di vedere. Immagina quindi la mia meraviglia quando mi sono arrivate critiche di segno opposto, nella mia prospettiva, qualcuno sostiene, non sarebbero comprensibili momenti artistici quali quelli dell'antico Egitto, dell'arte Bizantina ecc. ecc., ma essa avvalorerebbe esclusivamente un fiacco e provinciale naturalismo accademico!
Ritengo quindi necessario ed opportuno riprendere e chiarire con interventi di approfondimento alcuni temi già trattati o sottintesi dalle mie precedenti lettere, in particolare sfruttando alcune sollecitazioni recenti, i seguenti argomenti:

  1. “IL BELLO È LO SPLENDORE DEL VERO”
  2. “ARTE E COMUNICAZIONE”
  3. “FIGURATIVO E NON FIGURATIVO”
  4. “ARTE BELLEZZA E MORALE”
IL BELLO È LO SPLENDORE DEL VERO

Questa espressione, ha generato qualche difficoltà di interpretazione che veramente non mi attendevo: mi pareva infatti che tutto il contesto dei miei scritti fosse chiaro, ma evidentemente non è così per tutti.
Capisco inoltre la difficoltà di accettare questa terminologia desueta che in maniera provocatoria ho usato per evitare termini certamente più attuali ma anche più nebulosi e meno carichi di significato. Ma che il bello sia lo splendore del vero non lo ha certamente affermato un povero “pittore della domenica”, con i suoi quattro neuroni cerebrali chiamato Carlo Floris, bensì è una proposizione attribuita ad un certo Platone.

  • La questione della bellezza non ha in questo contesto nessun valore estetizzante, non vuole indicare il valore estetico di un oggetto, lo stabilire cioè se una cosa sia bella o meno, ma investire una questione che concerne la pienezza dell’essere e della vita che la cosa, persona, pensiero, sentimento porta al suo interno, e cioè il messaggio nascosto e ineffabile contenuto nel reale (il Vero).

  • Il vero esige l’essere, che coincide con il bene, diceva la filosofia antica. Per questo Platone poteva affermare che la bellezza è “splendore del vero” cioè dell'essere, o Plotino, “fioritura dell’essere”. Non mi pare che si possa definire questi filosofi propriamente “provinciali” e attribuire di conseguenza alla parola “vero” il valore riduttivo di oggetto esterno, naturale, cosa semplicemente percepita con i sensi. Tanto più che proprio da Platone proviene (ironia della sorte!) la maggiore demolizione critica dell'opera d'arte intesa come “mimesis”, cioè copia passiva degli oggetti della visione (Repubblica,597 a-598 d), quella che oggi definiremmo pittura accademica (credo che questo filosofo avrebbe grandemente apprezzato invece artisti quali i bizantini, Simone Martini, Turner, Kandinsky, Chagall, ecc.).

  • Queste definizioni poi suggeriscono che il bello essendo una proprietà dell’essere, è quindi qualcosa di percepibile, ed è proprio attraverso tale percezione che possiamo intuire l'ineffabile, cioè la luce dell’essere: la bellezza è un fascino che attrae, suscita un eros che ha dentro di sé un’attesa di pienezza di significato.
    Per questo motivo nelle mie precedenti lettere ho citato quelle bellissime espressioni di Heschel ... “Quel che ci colpisce con incessante stupore non è il comprensibile e il comunicabile ma ciò che, pur trovandosi alla nostra portata, è al di là della nostra comprensione; non è l’aspetto quantitativo della natura ma qualcosa di qualitativo; non ciò che si estende al di là del nostro tempo e del nostro spazio, bensì il significato vero, la sorgente e il termine dell’essere: in altre parole l’ineffabile.”: l'ineffabile, il mistero dell'essere si presenta alla nostra coscienza come bellezza che genera stupore, meraviglia.

  • Nell'arte Greca e Romana compare per la prima volta formalizzato, il preconcetto della verosimiglianza nella produzione artistica, benché per i veri artisti fosse alla fine solo un preconcetto teorico che scompariva poi all'attuazione delle opere, le quali presentano ai nostri occhi un naturalismo estremamente raffinato, intriso di immutabilità, potentemente idealizzato (Fidia insegna).

  • La prospettiva della bellezza come splendore (luce) dell'essere poi, è stata ripresa in epoca cristiana ed integrata dai nuovi valori religiosi ed ha sostanziato proprio l'arte medievale e bizantina che stranamente qualcuno cita come non comprensibili all'interno di tale prospettiva. In queste forme artistiche, lo splendore di Dio (L'Essere) invade l'opera d'arte con campiture d'oro, con immagini ieratiche, armonicamente e dignitosamente disposte: l'eterno irrompe nel tempo, nelle cose, nella materia e l'avvolge e la trasfigura.

  • In tutta l'arte del passato e negli artisti più grandi è chiaramente visibile questo potente stimolo interiore, ed in essi diventa palese a tal punto che mi risulta totalmente incomprensibile la prospettiva “progressista” e riduttiva del Vasari che nelle sue “Le Vite de' piu eccellenti architetti, pittori e scultori da Cimabue insino a' tempi nostri” cerca di dimostrare che la perfezione pittorica consisterebbe nella precisa imitazione della natura e che tale perfezione, a partire dai primitivi bizantini, sarebbe stata raggiunta, guarda caso, proprio dai pittori della sua epoca e per di più fiorentini!
    Ma dove ha mai visto realizzata tale chimera? Non certo in Giotto con la sua potente regia delle masse e delle figure che sprigionano inflessibile dignità e valore, e neppure in Michelangelo dove le tensioni, le emozioni e i movimenti dello spirito animano prepotentemente i corpi, immagini di Dio e specchio della creazione; né certamente ha potuto verificarlo nei fantastici disegni e dipinti di Leonardo dove la materia sembra fondersi e manifestarsi in fantastiche visioni. (La bellezza traspare addirittura nelle sue taglienti caricature, nei disegni anatomici, nelle macchine, nelle fortificazioni ecc.)
    Ma pensate dunque un po' se l'arte, questa tra le più nobili attività dello spirito, dovrebbe mai ridursi ad essere una specie di doppione della natura; oggi poi che chiunque con la fotografia può ottenere quello che nessun pittore potrebbe mai dargli!
    Davvero non arrivo a capire come sia potuto nascere l'universale e ostinato preconcetto "arte = imitazione della natura" quando, osservando l'arte di tutti i tempi, si sarebbe dovuto, caso mai, concludere il contrario; ossia che l'arte rifugge dall'imitazione della natura
    ” (Marangoni).

  • Ma è possibile seguire questo filo d'oro nei veri artisti di tutti i tempi, fino alle correnti dell'arte simbolica, surrealista, Kandinsky, Klee, ecc. che accettano proprio, sebbene in gradi diversi di profondità e di accoglimento e con esiti estetici alle volte contraddittori, questi valori di trascendenza della forma e di esuberanza di significato.
    Il Simbolismo, ad esempio, si orienta verso la ricerca di una realtà più profonda di quella apparente, una realtà interiore e soggettiva che non può essere descritta con parole, ma si può solo evocare in una rappresentazione simbolica, criptica, l'unica (secondo questa corrente) in grado di sondare gli aspetti complessi ed occulti dell'animo umano.
    Moreau diceva che la pittura è: ..."specchio di bellezza fisica che riflette ugualmente gli slanci dell'anima, dello spirito, del cuore e dell'immaginazione e che risponde a questi bisogni divini nell'uomo di tutti i tempi. E' la lingua di Dio!
    Diverso è il discorso di Kandinsky (“Lo spirituale nell'arte”), che pur aderendo ad una visione spiritualista ha perseguito una via solipsistica rischiosa ed unilaterale della rappresentazione, i cui esiti pure importanti e direi fondamentali per la storia dell'arte moderna hanno portato nei loro successivi sviluppi al completo isolamento dell'artista dal fruitore e al dramma dell'incomunicabilità dell'arte contemporanea. (Ma questo è un'altro problema!).

  • Il bello diventa nell'epoca moderna un valore autonomo, in una cultura frantumata e a compartimenti stagni assume i connotati di un valore separato, esteriore.
    L’attrazione estetica può così provocare un culto idolatrico e direi, nel nostro tempo, feticistico. (Creme di bellezza, bellezza di un panorama, una bella mangiata, un bello scherzo, concorsi di bellezza, chirurgia estetica, ecc.)
    La bellezza svuotata di ogni significato profondo ed allusivo dell'essere, è come un Giano bifronte, perché, come osserva Dostoevskij, può essere sia quella di una Madonna che quella di Sodoma. Credo che l'rruzione del “brutto” nell'arte, che non è affatto, come qualcuno potrebbe pensare, un fenomeno legato solamente alla modernità, sia proprio il rifiuto da parte di molti artisti proprio di una bellezza così intesa, cioè di quella bellezza vuota, estetizzante, superficiale e avulsa dalla totalità dell'essere.

Spero che ora l'espressione “LA BELLEZZA È LO SPLENDORE DEL VERO”, anche se non necessariamente condivisa, non possa più essere equivocata.

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Le informazioni contenute nel sito hanno esclusivamente scopo informativo e culturale. In nessun caso possono costituire la formulazione di una diagnosi o la prescrizione di un trattamento, e non intendono e non devono in alcun modo sostituire cure mediche, psicologiche o psicoterapeutiche.

Carlo Floris

I suoi interessi si riversano soprattutto nel campo della spiritualità, della filosofia, dell’arte figurativa e della religione.

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