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Arti Figurative

La bellezza

A cura di Carlo Floris

Carissimo Sebastiano,
ed eccoci nuovamente a parlare di arte; ringraziandoti ancora una volta della cortese offerta di pascolare sui liberi prati di “Erba Sacra” mi accingo ad affrontare il quarto tema della mia scaletta. (Ma chi me lo ha fatto fare!?).

Abbiamo visto nei miei precedenti interventi come il lavoro di un artista non sia molto diverso dal lavoro quotidiano di tanti uomini e come esso necessiti di una tecnica specifica per essere svolto efficacemente; abbiamo poi affrontato il problema degli strumenti di cui dispone l’artista per esprimere il senso di meraviglia che lo coglie di fronte agli oggetti della realtà, anche quelli all’apparenza più insignificanti.

Forse ricorderai che, molti anni fa, passeggiavamo sul molo del porto di Anzio in un bel pomeriggio di settembre, ancora adolescenti, ma animati da molte curiosità intellettuali. Io ti chiedevo allora, perché la questione mi rodeva dentro, che cosa fosse a tuo parere la bellezza. (Domanda da gratta e vinci con vincita assicurata)

Tu mi rispondesti allora che una cosa era definita bella in quanto provocava piacere a vedersi.

In realtà la risposta è meno banale di quanto possa sembrare: anche San Tommaso definiva il bello “id quod visum placet” (Sum.Theol. I^,q.5,a.4 ad 1um).

Allora, non soddisfatto, riformulai la domanda in questi termini: “ma allora perché una certa cosa provoca piacere a vedersi”. Tu stavi per rispondere, ma vidi che ti morsicavi la lingua per non dire ciò che spontaneamente ti veniva da dire, e cioè che “una cosa piace perché è bella!”. Questa tautologia me la risparmiasti, ma allora la mia domanda rimase senza risposta.

Ho intitolato provocatoriamente questo quarto passaggio della nostra scarpinata con un termine ormai desueto.
Della bellezza ormai non si parla più se non nei concorsi appunto di “bellezza” dove delle giovani ragazze cercano disperatamente di farsi strada mostrando …le armonie del proprio corpo. Nulla da recriminare se non che il concetto di bellezza così definito è per lo meno inutilizzabile in campo artistico.
Eppure la bellezza è percepita dagli artisti di ogni tempo e dalle anime sensibili, dai mistici, dai poeti, dai filosofi, dagli spiriti religiosi, dai bambini, dai contemplativi. Viene usata sotto mentite spoglie perfino nelle terapie psichiatriche, nelle terapie di recupero e per ravvivare gli ambienti di chi soffre, dei depressi, dei malati in genere.
Solo la critica d’arte pare si sia dimenticata della bellezza. Essa (la critica d’arte) si è impantanata nella tautologia di cui sopra e ha preferito fare come gli struzzi affondando la testa nella sabbia.
E gli artisti?

Il Marangoni afferma:
Quanta mai della bellezza del mondo la gente non sa vedere! Le nuvole, per esempio, chi le guarda? Mi ricordo la prima volta che, sdraiato in un prato alpino, mi venne fatto di osservarle a lungo. Non avevo mai visto ne immaginato una simile fantasmagoria; e mi venne anche fatto di supporre che il nuovo complicato ritmo compositivo di Leonardo - per esempio lo stupendo, attorcigliato gruppo di Cavalieri in lotta per la “Battaglia di Anghiari” - gli fosse stato appunto suggerito dall'osservazione delle nuvole nel loro infinito, fantasmagorico trasfigurarsi, che è noto come Egli lungamente osservasse. “Lo stupore è il primo inizio dell'arte” (Conrad Fiedler).
Ma gli artisti d’oggi si infischiano della natura, perché dicono (i più modesti) che loro la natura ce l’hanno già dentro di se; e gli altri, poi, ormai non se ne curano, altro che per ‘superarla’ surrealisticamente.

(M. Marangoni – Come si guarda un quadro)

Personalmente non credo a quest’ultima provocazione, fatta più per spirito polemico che per convinzione.

Prendiamo provvisoriamente allora il termine bellezza come sinonimo di “oggetto, realtà che produce meraviglia e stupore” e ancora una volta lasciamoci guidare e direi prendere per mano dai nostri maestri per farci condurre nel vivo della loro esperienza:

Sono sempre insoddisfatto, perché ho ancora troppo nitido nella mente il ricordo di quello stupendo angolo di natura per essere contento, ma questo non m'impedisce di ritrovare nella mia opera un'eco di ciò che mi aveva colpito, e mi accorgo che la natura mi ha detto qualcosa, mi ha parlato, e io ho trascritto in stenografia le sue parole. Benché alcune parole della mia stenografia siano indecifrabili, benché possano esservi errori o lacune, resta nondimeno qualcosa di ciò che la foresta, la spiaggia e le figure mi hanno detto; e non è il linguaggio addomesticato, convenzionale, derivato da una maniera studiata o da un sistema, ma è ispirato dalla natura stessa.
(Van Gogh - L'Aja, fine agosto 1882.)

E più che mai oggi, constato quanto il successo immeritato che ho ottenuto, sia fittizio. Spero sempre di arrivare al meglio, ma l'età e il dolore hanno esaurito le mie forze. So molto bene in anticipo che troverete le mie tele perfette. So che, esponendole, avranno grande successo, ma mi è indifferente, poiché io le considero brutte e ne sono certo.
(Monet - 10 maggio1912)

Come vedi, caro amico, niente autoespressione, niente inconscio, niente spontaneismo, niente creazione, niente IO. L’io dell’artista non è il creatore della realtà e del significato ma è il tramite di un significato che egli percepisce e che tenta disperatamente di esprimere con gli strumenti che gli sono propri. L’artista vuole fissare su tela e comunicare al prossimo il proprio stupore, la meraviglia che traspare dall’esistente e che con trabocchevole abbondanza lo investe.

A questo punto è necessario chiarire in cosa consista la bellezza per l’artista. Problema immenso questo, per la sua apparente contraddittorietà dimostrata se non altro dalla enorme varietà dei linguaggi artistici e dalle infinite ed inconcludenti dispute di filosofi e critici.
Notiamo che per l’artista bellezza non vuol dire necessariamente regolarità delle forme, originalità o letizia. Se ciò fosse vero non si spiegherebbe ad esempio come sia possibile rappresentare in opere considerate capolavori e unanimemente apprezzate immagini di morte, scene di violenza, o rappresentazioni della malattia e della vecchiaia. Mi viene da pensare a ritratti amorevoli come quello che Durer fece della propria madre ormai anziana, o ai crocefissi bizantini nei quali la forma ed il colore accentuano ed esasperano il senso di pietà, ecc. Queste opere vengono tranquillamente giudicate “Belle”.

In breve, a forza di trasformazioni inseguo la natura senza poterla agguantare, e poiché questo fiume che diminuisce, si rgonfia, un giorno verde poi giallo, adesso a secco, mentre domani sarà un torrente dopo la terribile pioggia che cade in questo momento.
Sono in una grande inquietudine, scrivetemi, ho grande bisogno di conforto.

(Monet - Fresselines, 24 aprile 1889)

Ancora Van Gogh, poco prima di morire:

In quanto a me, sono totalmente preso da questa infinita distesa di campi di grano su uno sfondo di colline, grande come il mare, dai colori delicati, gialli, verdi, il viola pallido di un terreno sarchiato e arato, regolarmente chiazzato dal verde delle pianticelle di patate in fiore: tutto sotto un cielo tenue, nei toni azzurri, bianchi, rosa, violetti.
Sono completamente in una condizione di calma persino eccessiva, proprio nello stato che occorre per dipingere ciò.

(Van Gogh - Auvers-sur-Oise, luglio 1890)

Ma anche di fronte alla morte ed all’immenso dolore della perdita della prima moglie Camille che abbatté l’artista Monet per lungo tempo, l’arte rivendica il suo ruolo:

Un giorno, all’alba mi sono trovato al capezzale del letto di una persona che mi era molto cara e che tale rimarrà sempre. I miei occhi erano rigidamente fissi sulle tragiche tempie e mi sorpresi a seguire la morte nelle ombre del colorito che essa depone sul volto con sfumature graduali. Toni blu, gialli, grigi, che so. A tal punto ero arrivato. Naturalmente si era fatto strada in me il desiderio di fissare l’immagine di colei che ci ha lasciati per sempre. Tuttavia prima che mi balenasse il pensiero di dipingere i lineamenti a me così cari e familiari, il corpo reagì automaticamente allo choc dei colori. I riflessi mi costrinsero contro la mia volontà a un atto inconsapevole con cui ebbe inizio il corso quotidiano della mia vita.
(C. Monet – 1879)
Andate a vedere questo tragico e meraviglioso dipinto!

Hai fatto bene, babbo, a dipingere quel vaso di fiori, così ce lo abbiamo per sempre!
(Mio figlio Alessandro a quattro anni)

La bellezza, tirando le somme di quanto fin qui visto e sentito per diretta testimonianza può essere definito come il linguaggio con cui il reale e la natura comunicano con l’artista.

Il bello è una manifestazione di arcane leggi della natura, che senza l'apparizione di esso ci sarebbero rimaste eternamente celate.
(J.W. von Goethe)

Ti sottopongo, a conclusione di questa mia lettera, ancora un breve scritto di un pensatore che mi è particolarmente caro, tale brano mi pare non abbia bisogno a questo punto di alcun commento essendo una mirabile sintesi della strada fin qui percorsa:

La percezione dell'uomo comune gli rivela nei fatti un minimo di significato; per l'artista invece essi traboccano di significato; a lui, le cose comunicano più valore di quanto egli sia capace di assorbire. La vita creativa, nell'arte, nella scienza e nella religione, smentisce l'affermazione che l'uomo sia la fonte del significato.
(A. Eschel - L’uomo non è solo)

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Carlo Floris

I suoi interessi si riversano soprattutto nel campo della spiritualità, della filosofia, dell’arte figurativa e della religione.

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