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Tantra

Unione sessuale nel Tantra

A cura di Antonio Sbisà

‘Colui che adora Candi (cioè la dea) senza le cinque emme, i quattro (beni), cioè lunga vita, conoscenza, splendore e ricchezza, periscono per lui. Bevande alcoliche, carne, pesce, mudrã, e copulazione, queste, o Dea, sono le cinque emme, che danno il favore degli dèi.. Con bevande alcoliche, carni, pesce, mudrã e la copulazione con donne, il grande sãdhu dovrebbe adorare la Madre dell’Universo”.

Il maithuna è l’atto sessuale realizzato fra un uomo ed una donna che incarnano la presenza divina. Non si tratta di uomini e donne comuni, che vivono legati ai condizionamenti ed ai vincoli, che cedono alle passioni bramose. Si tratta di persone risvegliate alla consapevolezza della presenza divina, avviate in un processo di trasformazione, consapevoli di non essere separati dalla divinità. L’uomo straordinario e la donna straordinaria esprimono l’aspetto interiore trascendente. I discepoli sono stati divisi in tre livelli: i pashu, i vira e i divya; ogni gruppo ha un rituale adatto per il suo livello. Il rituale completo con il panchatattva è destinato al tipo vira.

In senso generale il ‘pashu’ è la persona comune sotto due aspetti diversi: da una parte riguarda chi cede alle passioni negative, all’avidità, all’ira, alla brama; dall’altra il ‘pashu’ è la persona conformista che segue i vincoli ed i legami della morale sociale e religiosa comune: è anche colui che si sente ‘separato’ da Dio. Nel secondo caso il ‘pashu’ può anche essere una persona buona, nel senso comune del termine. Una disposizione religiosa e morale troppo passiva e conformista, dipendente, rientra in questa categoria. I vira sono invece le persone che tendono a superare i limiti ed i vincoli, che controllano le passioni vivendole, secondo lo spirito dell’’apollinismo dionisiaco’. La via è molto difficile e pericolosa, viene ripetuto, come ‘cavalcare una tigre selvaggia’: ha un aspetto ‘eroico’. Il termine ‘divya’ si riferisce a chi ha maturato una disposizione spirituale. Come si vede, al di là dell’approfondimento specifico per cui rinviamo ai testi, si tratta ancora del rapporto fra la persona comune, abbandonata alle ombre ed alle dipendenze della vita comune, come la conosciamo, ed una persona che voglia assumere la ricerca della trasformazione, riconoscendo e sviluppando la scintilla divina.

Torniamo al rituale tantrico. Il rapporto si svolge realizzando un processo d’immobilità: il Dio Siva rimane immobile e la dea Sakti manifesta l’attività. La disciplina orientale tende ad approfondire le funzioni naturali attraverso il loro rallentamento: si valuta necessario portare alla quiete ed all’immobilità la respirazione, il pensiero e l’emissione seminale.

Non si tratta qui soltanto di un rituale, o di un insieme di preoccupazioni, di valori e di comportamenti propri esclusivamente della sensibilità orientale. Sicuramente variano le condizioni sociali, storiche ed ambientali, non si possono trasferire meccanicamente le pratiche ed i riti, ma il problema sollevato è radicale e profondo per tutta l’umanità. Il funzionamento della natura umana è centrato sull’esercizio del libero arbitrio. Ogni essere umano è libero di realizzare le proprie scelte, ma non è libero dalle conseguenze delle azioni. I livelli dei condizionamenti plasmano quindi la natura umana, alterando le potenzialità dello sviluppo del corpo, dell’anima e dello spirito. Noi abbiamo un funzionamento diventato spontaneo ed automatico, che tende ad investire tutti i processi, anche quelli fisiologici. Quindi il nostro comportamento naturale non è l’espressione della vera natura.

Chi vuole ripensare il rapporto fra l’uomo e la natura, dentro di sé e fuori di sé, deve immergersi in un processo profondo di rigenerazione. Ecco quindi che anche le capacità di godere attraverso i sensi, di armonizzare il corpo e l’anima, dipendono da una forma di rallentamento delle funzioni di tutte le componenti della realtà umana. Rallentando il respiro, la mente e l’emissione seminale, si possono percepire realtà più profonde, ed entrare in una comunicazione nuova con la natura e con lo spirito.

Secondo M. Eliade, il maithuna è diretto a regolare il ritmo della respirazione ed a facilitare la concentrazione. Il risultato finale è dato dalla ‘grande suprema felicità’. Nel maithuna l’uomo e la donna incorporano una ‘condizione divina’, in quanto non solo sperimentano la beatitudine, ma possono ‘contemplare direttamente la realtà ultima’.

“Dal punto di vista dell’esperienza, in questi termini l’unione sessuale avrebbe un potere liberatore, sospenderebbe la legge della dualità, produrrebbe un’apertura estatica, porterebbe per un istante di là della coscienza individuale e samsârica. L’uomo e la donna divenendo momentaneamente identici ai loro rispettivi principi ontologici, a Civa e alla Devi, presenti nel loro essere e nel loro corpo, ed essendo sospesa la legge dualistica, in ciò che viene chiamato samarasa, ossia nella simultaneità dell’ebbrezza, dell’orgasmo e del rapimento che nell’amplesso unisce i due esseri, si ritiene che si possa suscitare lo stesso samatá, lo stato di ‘identità’ e di trascendenza, il sahaja, ovvero che si ottenga una forma speciale di piacere esaltato e trasfigurato, presentimento della stessa sambhodi, ossia dell’illuminazione assoluta e del sahaia, l’incondizionato. A questa stregua, il Kularnavatantra giunge a dire che solamente per mezzo dell’unione sessuale l’unione suprema può essere raggiunta.”

(cfr. Antonio Sbisà, L’ebbrezza amorosa, Edizioni Mediterranee; corsi online ErbaSacra: Formazione affettiva e sessuale, Crescita personale)

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Antonio Sbisà

Ricercatore spirituale e docente universitario di scienze della formazione

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