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Tantra

Il gusto del Tantra

A cura di Antonio Sbisà

Nell’intento di proporre una visione del Tantra accessibile a tutti, accenno a come si esprime la giornalista che si presenta come Alice Ki: “La parola Tantra deriva dalle parole sanscrite Tan e Tra. La radice tan significa estensione, espansione, stiramento. Tra significa liberare, sciogliere, emancipare, rendere liberi… Possiamo essere liberati espandendo la nostra coscienza… Il tantra si basa sull’azione: ogni aspetto della creazione e dell’esistenza è da considerarsi sacro ed è visto come un atto di devozione. Il praticante cerca quindi di trasformare ogni aspetto della vita quotidiana in qualcosa di divino. L’illuminazione, infatti, può essere trovata in tutte le attività, inclusa l’intimità sessuale. Si padroneggiano il desiderio, il piacere, non combattendoli o rimuovendoli, ma immergendovisi totalmente… La pratica tantrica costruisce e demolisce la realtà, come un gioco, fino a che essa diventa la vera natura delle cose, l’essenza, il vuoto, il puro potenziale che esplode in energia e materia in ogni momento. Il praticante tantrico manda in frantumi l’apparenza ordinaria creando nuove strutture esistenziali. Non si tratta di visualizzazioni creative nel senso generalmente usato, ma di decostruire blocchi di realtà e ricostruirne altri alternativi. … L’obiettivo è quello di riconoscere la propria intima, intrinseca natura primordiale sotto tutte le apparenze. Quando la vera natura di ogni cosa viene rivelata, anche il più insignificante momento acquista un’estrema bellezza che scuote la mente. In questo modo, non c’è più nulla di ordinario nella vita.

“Il tantra incoraggia a vivere la vita intensamente, totalmente, liberandola dalle tensioni, dai modelli precostituiti, dalle inibizioni. E’ il sentiero dell’anima che onora anche il corpo celebrando i sensi e le esperienze di vita. E’ dire sì alla vitalità, alla sacralità del corpo e alla gioia della sessualità e dell’amore. Tutte le sensazioni, tutti i piaceri sono quindi, in fondo, emanazioni del Divino. I sensi hanno la capacità di provare delizia e stupore e, allora, il praticante li utilizzerà per accrescere la sua coscienza. Se si innalza il livello di sensibilità nei riguardi della bellezza di ogni cosa che ci circonda, possiamo avvicinarci sempre più al senso di meraviglia e stupore emanato dalla creazione, che è la pulsazione ininterrotta della coscienza che pervade qualsiasi esperienza“. Alice Ki, Tantra, Firenze, Giunti, 2006; p. 15-22.

Una sintesi concettuale precisa è quella elaborata da J. Evola. Il tantrismo si presenta come una filosofia fondata sul primato dell’esperienza e dell’unità. L’affermazione dell’unità del reale poggia su determinate esperienze che possono fare emergere concretamente le connessioni energetiche, la cui attivazione permette realizzazioni specifiche della presenza divina nell’uomo. Il tantrismo si presenta come una speculazione psicosperimentale che si fonda sull’unità del mondo assoluto e del mondo fenomenico, unità vissuta direttamente e filtrata attraverso la disciplina e la pratica, il sadhana. Il termine psicosperimentale indica la disponibilità a sperimentare con la mente, in un modo analogo al funzionamento della psicanalisi. Come l’aspirante analista segue l’esperienza di un analista anziano od esperto, così il discepolo è seguito dal guru nella sua esperienza. Il guru può anche essere il proprio Sé interiore.

La realtà viene concepita come unitaria, ma viene interpretata ed afferrata attraverso un processo di polarizzazione concettuale ed intuitiva. I poli si presentano come attività e come passività: l’universo funziona attraverso la loro interazione. Viene data molta importanza alla decisione intellettuale ed alla determinazione verso l’esperienza, che hanno come obiettivo il raggiungimento dell’estasi permanente.

L’universo comprende una totalità di fenomeni e dimensioni, in cui persino il più piccolo elemento ha un effetto sul più grande, perché fili segreti collegano il punto più piccolo con l’eterno campo del mondo. In questo modo il comportamento, l’esperienza e la pratica, insieme all’esplorazione ed al sentire, hanno di fronte un campo indefinito di possibilità. Tutto questo ha riflessi sulla vita quotidiana e sulla morale. Il tantrismo accantona la morale e le convenzioni sociali. Tutti i tantristi disprezzano l’ortodossia tradizionale ed essoterica e pongono la sperimentazione al di là della moralità convenzionale. La disciplina è volta a congiungere il principio maschile e quello femminile nel corpo e a rendere libero da attributi ciò che ha attributi: ossia a decondizionare l’essere.

La pratica è orientata al risveglio dello spirito nel corpo. Le potenze e le energie vengono risvegliate, attivate e canalizzate nella concentrazione energetica dell’individuo. Il risveglio dell’energia sessuale e creativa si trasforma in amore ed in realizzazione creativa e libera dell’uomo, che accende così la scintilla divina ed ascende nell’apertura all’universo. Non abbiamo allora una prospettiva di liberazione dal mondo, ma una diversa concezione della libertà, in cui si supera l’antitesi fra l’ascesi ed il godimento del mondo. Viene presentata una disciplina, come capacità di risvegliare e canalizzare tutte le energie individuali, che permette di essere liberi ed invulnerabili anche nel pieno godimento del mondo. La libertà indica l’autotrascendenza dell’uomo, la sua capacità di svilupparsi e potenziarsi senza limiti.

Tutto questo viene simboleggiato nella formula, o compito essenziale del tantrismo, ‘l’unione dell’impassibile Siva con l’ardente Sakti’, nel proprio essere e su tutti i piani della realtà. Il fine ultimo riguarda il riconoscimento dell’assoluta identità del nostro io con quello di Siva.

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Antonio Sbisà

Ricercatore spirituale e docente universitario di scienze della formazione

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